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Piante, acqua e siccità: un piccolo contributo dalla ricerca

29 Agosto 2022

Un problema attuale

Da mesi giornali e notiziari ci mostrano immagini di un’Italia che difficilmente avremmo previsto: fiumi in secca, fontane vuote nelle città e distese di colture mestamente rinsecchite. Tra i settori maggiormente colpiti dal concomitante incremento di temperature e assenza di precipitazioni, l’agricoltura è il comparto che ha sofferto e soffre le conseguenze peggiori. Circa il 40% della superficie coltivata versa in condizioni di siccità severa o estrema da oltre un anno. Non fanno eccezione nemmeno regioni agricole particolarmente vocate come la Pianura Padana. I danni provocati dalla prolungata carenza idrica si stimano in almeno 2 miliardi di euro. Particolarmente colpiti frutta e ortaggi estivi con perdite intorno al 30-40%, e colture da granella come mais e soia, con cali di resa fino al 50%.

Per comprendere le ragioni di una così grave crisi partiamo da una semplice domanda: quanta acqua è necessaria per produrre la frutta, gli ortaggi e i cereali che quotidianamente consumiamo? Per quanto esagerato possa sembrare, ne occorrono circa 13 litri per produrre un singolo pomodoro, 25 litri per una patata, oltre 55 litri per una mela e fino a 350 litri per un singolo piatto di riso Se. consideriamo la superficie irrigua in Italia (2.4 milioni di ettari), questi consumi si traducono in un utilizzo annuo di circa 12.000 milioni di metri cubi di acqua. Non sorprende quindi che l’agricoltura sia di gran lunga il settore produttivo che maggiormente incide sulle nostre limitate risorse idriche, assorbendo circa il 60% dei prelievi a livello nazionale.

Alla luce dei cambiamenti climatici in atto e della prevista contrazione della disponibilità idrica, ridurre il consumo d’acqua in agricoltura diventa un obiettivo necessario ed urgente. Il raggiungimento di un obiettivo così importante e complesso richiede interventi strategici a livello nazionale volti a favorire una gestione più razionale delle acque di falda e di superficie e l’adozione di sistemi irrigui più efficienti, come indicato nel Piano di Sviluppo Rurale Nazionale 2014-2022, elaborato dal MIPAAF (sottomisura 4.3). L’ammodernamento ed efficientamento della rete irrigua deve però necessariamente essere accompagnata dalla selezione e introduzione di nuove varietà vegetali resilienti, caratterizzate da un ridotto fabbisogno idrico e meglio adattate alle mutate condizioni climatiche.

La genetica e l’innovazione varietale hanno da sempre giocato un ruolo fondamentale in agricoltura. Negli ultimi vent’anni il miglioramento genetico ha permesso un costante aumento delle rese consentendo di risparmiare ai fini agricoli oltre 21 milioni di ettari di terreni nella sola Europa. La sfida è ora quella di selezionare piante con ridotte esigenze idriche e rese costanti anche in condizioni ambientali avverse.

Piante a risparmio idrico?

Dal punto di vista del bilancio idrico, le piante, e le varietà coltivate in particolare, sono sistemi estremamente inefficienti. Basti pensare che oltre il 90% dell’acqua assorbita dalle radici non è utilizzata in processi metabolici o di crescita, ma è dispersa in atmosfera sotto forma di vapore acqueo, tramite un processo fisiologico chiamato traspirazione. L’elevata traspirazione si traduce in una ridotta efficienza d’uso dell’acqua, definita come unità di prodotto (es. kg di granella) per unità d’acqua assorbita.

La perdita d’acqua per traspirazione avviene essenzialmente attraverso microscopici pori presenti sulla superficie fogliare, denominati stomi e formati da due cellule di guardia altamente specializzate. In condizioni ottimali di crescita (disponibilità di luce, acqua e nutrienti) gli stomi rimangono aperti per massimizzare l’ingresso di CO2 per la fotosintesi. In condizioni di carenza idrica, la rapida chiusura degli stomi rappresenta una prima linea di difesa, per limitare l’eccessiva perdita d’acqua e proteggere i tessuti sottostanti dalla disidratazione.

Da ricercatori interessati a studiare e, possibilmente, migliorare il bilancio idrico delle piante, ci siamo posti una semplice domanda: è possibile riprogrammare l’attività stomatica di una pianta per ridurre il consumo idrico e aumentare la tolleranza alla siccità? Per rispondere a tale quesito abbiamo intrapreso una vera e propria “caccia al gene”, finalizzata a identificare nel genoma di varie piante geni in grado di regolare il processo di apertura e chiusura degli stomi. Con gli strumenti della bioinformatica e della genetica siamo riusciti a individuare, nella pianta modello Arabidopsis thaliana, diversi candidati interessanti. Tra questi, il gene AtMYB60 ci ha particolarmente colpito per due sue caratteristiche peculiari: (i) AtMYB60 è espresso (quindi è attivo) nelle cellule di guardia stomatiche, ma non in altre organi o tessuti della pianta e, (ii) la sua espressione negli stomi è attivata in condizioni ottimali di crescita, mentre viene rapidamente soppressa in condizioni di stress.

Per verificare le potenzialità di tale gene quale modulatore dei movimenti stomatici, il passo successivo è stato quello di inattivare la sua funzione in linee mutanti di Arabidopsis. Abbiamo così scoperto che la perdita della funzionalità di AtMYB60 determina una riduzione dell’apertura stomatica di circa il 30% rispetto alle piante di controllo in cui il gene è normalmente attivo. Da notare che, in virtù dell’espressione stoma-specifica di AtMYB60, le piante mutate non mostrano alterazioni in altri processi fisiologici, morfologici o di sviluppo. Sebbene le differenze tra piante con AtMYB60 attivo o inattivato si limitino ad una parziale riduzione dell’apertura degli stomi, le conseguenze a livello fisiologico si sono rivelate sorprendenti. Rispetto alle piante controllo, le linee mutate in AtMYB60 richiedono una minor quantità d’acqua per crescere, fiorire e fruttificare e sono in grado di resistere a prolungati periodi di carenza idrica. In altri termini, la semplice inattivazione di AtMYB60 determina una maggior efficienza di utilizzo dell’acqua e una maggiore resistenza alla siccità.

Fin qui tutto bene, ma dobbiamo tener ben presente che i risultati descritti, per quanto interessanti e promettenti, li abbiamo ottenuti in una pianta modello ben diversa dalle principali specie coltivate, e in condizioni controllate di laboratorio, che solo in parte mimano le complesse e variabili condizioni di campo. In che modo le conoscenze acquisite in un sistema sperimentale come Arabidosis possono contribuire alla selezione di nuove varietà di pomodoro, riso o vite più resistenti alla siccità?

Diversi sono gli strumenti bioinformatici e tecnologici che ci assistono nel passaggio da pianta modello a pianta coltivata. Grazie alla disponibilità della sequenza completa del genoma della maggior parte delle specie agrarie ci è stato relativamente facile identificare nei diversi genomi analizzati l’equivalente (gene ortologo) di AtMYB60. Con gli strumenti della genetica molecolare abbiamo potuto verificare che i geni ortologhi isolati ad esempio in pomodoro, tabacco o vite si comportano esattamente come AtMYB60: sono espressi unicamente nelle cellule di guardia e sono in grado di modulare l’apertura del poro stomatico. Questi risultati dimostrano la straordinaria conservazione del network regolativo di MYB60 in specie filogeneticamente distanti e aprono la strada a nuove strategie genetiche e biotecnologiche per modulare l’apertura stomatica nelle specie coltivate.

Attualmente stiamo concentrando i nostri sforzi sulla inattivazione degli ortologhi di AtMYB60 in pomodoro e vite utilizzando le più avanzate tecniche di editing genomico. Tale tecnologia (la cui portata rivoluzionaria per la biologia è stata unanimemente riconosciuta con l’assegnazione del premio Nobel per la Chimica 2020 alle sue ideatrici Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier), consente, in modo estremamente preciso ed efficace, di riprogrammarne l’attività di un determinato gene all’interno di un genoma. Il nostro obiettivo è quello di “editare” i geni MYB60 di pomodoro e di vite per ridurne l’attività, ai fini di produrre nuovi genotipi caratterizzati da ridotta apertura stomatica e, di conseguenza, da una ridotta traspirazione. Il sogno che guida la nostra sperimentazione? Selezionare nuove varietà coltivate con un uso più “intelligente” dell’acqua, per contrastare l’impatto dei cambiamenti climatici e ridurre il fabbisogno idrico in agricoltura.

Autore: Massimo Galbiati

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