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Imparare dalla diversità

15 Febbraio 2023

Vi è mai capitato durante un viaggio in un paese molto lontano dal vostro di passeggiare per la campagna, riconoscere delle piante che crescono spontanee nel vostro giardino ma notare tante diverse variazioni nella morfologia, nel colore, nel modo di svilupparsi? Questo accade perché popolazioni vegetali che appartengono alla stessa specie, ma si sviluppano e si riproducono in territori con caratteristiche geografiche e ambientali diverse, si adattano geneticamente a quello che hanno intorno mutando la morfologia, e i processi metabolici e fisiologici (fenotipo).

Le piante devono adattarsi all’ambiente per sopravvivere

Il patrimonio genetico di popolazioni che vivono in diverse condizioni geografiche e ambientali quindi tende ad adattarsi, a plasmarsi per rispondere alle diverse condizioni ambientali a cui gli organismi biologici sono esposti. Questo è particolarmente importante per le piante, che non sono in grado di spostarsi dal punto in cui il seme è germinato, che non possono sfuggire al calore del sole, al freddo, al gelo, alla pioggia, alla siccità. I loro geni devono mutare di generazione in generazione affinché la pianta possa adattarsi il più possibile alle condizioni ambientali della regione geografica in cui vive: se vive in una regione in cui ci sono frequenti piogge deve poter tollerare i frequenti allagamenti, se vive in regioni aride dovrà sopravvivere con poca acqua, se vive in ambienti dove l’intensità luminosa è molto bassa, come un fitto bosco, deve massimizzare l’efficienza dell’apparato fotosintetico per continuare a crescere e riprodursi in condizioni non ottimali.

I processi di adattamento e domesticazione sono un enorme esperimento in campo

Questo processo di adattamento si traduce nell’accumulo di mutazioni vantaggiose (adattative) a livello delle sequenze del DNA che progressivamente migliorano la capacità della pianta di vivere e riprodursi in un determinato ambiente. Queste variazioni nella sequenza del DNA avvengono casualmente, ma soltanto quelle che danno un vantaggio adattativo vengono fissate nella popolazione, mentre quelle che toccano delle funzioni importanti sono letali e quindi vengono perse. Le mutazioni adattative non sono distribuite casualmente su tutti i geni ma si accumulano particolarmente su geni regolatori, come ad esempio i fattori di trascrizione, che sono in grado di orchestrare, di dirigere l’espressione di tanti geni contemporaneamente e in maniera coordinata. E’ intuitivo che dal punto di vista evolutivo la mutazione di un gene che controlla tanti altri geni è più economica ed efficace rispetto al dover accumulare mutazioni di sequenza in tanti geni contemporaneamente. Questo processo è rischioso però, perché la mutazione non può cambiare drasticamente la funzione del gene regolatore altrimenti risulta letale. L’effetto finale è che vengono accumulate soltanto quelle mutazioni che cambiano sottilmente la funzione del regolatore, magari nei domini di interazione con le altre proteine o nel sito di legame al DNA, oppure cambiano il modo in cui questo regolatore si esprime, cioè il momento in cui si esprime, in risposta a che cosa o dove, cioè in quale cellula o tessuto della pianta, in quale momento dello sviluppo.

I fattori di trascrizione come principali target nei processi di adattamento

Nel laboratorio IBBA di Roma studiamo proprio le mutazioni di fattori di trascrizione che, da studi funzionali nelle specie modello, sappiamo trovarsi al vertice, al più alto grado gerarchico nella regolazione genica (master regulators) di tratti importanti della pianta che influenzano la produzione e la resilienza ai cambiamenti climatici delle piante agrarie utilizzate per l’alimentazione umana. Cerchiamo di imparare dalla diversità delle popolazioni naturali o delle varietà domesticate in migliaia di anni, andando a cercare quelle varianti (alleli) dei geni codificanti fattori di trascrizione che potrebbero cambiarne la funzione e che sono state fissate nelle popolazioni. La diversità delle popolazioni naturali o domesticate è un enorme esperimento evolutivo di biologia molecolare e genetica. In questo esperimento migliaia di mutazioni vengono testate sul campo per la capacità di rendere le piante più adatte a quello specifico ambiente, riuscire a competere per le risorse necessarie alla sua sopravvivenza e riproduzione, oppure per migliorare un tratto utile all’uomo. Solo quelle che conferiscono un vantaggio vengono fissate, e ci indicano la strada per il miglioramento genetico delle specie coltivate. Infatti, le varianti alleliche trovate nelle popolazioni naturali, che possono conferire per esempio maggiore resistenza allo stress e adattabilità a condizioni climatiche avverse, possono essere trasferite (introgressione) nelle specie coltivate per renderle più resilienti. Succede così che si può scoprire che il cespo compatto della lattuga iceberg è il risultato di mutazioni in due fattori di trascrizione della classe TALE, da molti anni studiati nel nostro laboratorio per il loro ruolo nella morfologia della foglia, che cambiano l’identità dorso-ventrale delle foglie e le fanno curvare verso l’interno invece che verso l’esterno. Queste due mutazioni, selezionate casualmente durante la domesticazione, hanno permesso di ottenere un prodotto orticolo di grande pregio, che dura a lungo perché, per il suo cespo compatto, poco accessibile ai patogeni e più capace della lattuga romana, per esempio, di trattenere acqua e mantenere le sue caratteristiche di freschezza e fragranza a lungo nei nostri frigoriferi. Una mutazione puntiforme (di un singolo nucleotide) nella regione regolativa di un gene della stessa famiglia di regolatori vegetali TALE, denominato REPLUMLESS (RPL/BLH9), è responsabile della capacità o incapacità della pianta di disperdere i semi (deiscenza) in riso e in altri cereali. Questo carattere di domesticazione è stato estremamente importante in agricoltura perché ad esempio ha permesso la meccanizzazione della raccolta dei cereali, che rimangono racchiusi nelle spighe invece di disperdersi nell’ambiente. Una mutazione nello stesso nucleotide è stata identificata in diverse specie domesticate della famiglia delle Brassicacee, come la rapa (Brassica napus), che non disperdono i semi, mentre le specie selvatiche geneticamente simili mantengono l’allele che consente la dispersione del seme. Questi studi dimostrano l’esistenza di meccanismi di convergenza dei processi di adattamento e domesticazione su uno stesso set di geni regolatori importanti per la pianta, e insegnano a noi scienziati impegnati nel miglioramento genetico in agricoltura quanto sia importante imparare dalla diversità presente nelle popolazioni naturali e in quelle domesticate.

Fino a qualche decennio fa questo non era possibile perché erano pochissime le informazioni sulle sequenze del DNA degli organismi viventi. Ai giorni nostri, grazie ai progressi tecnologici nella genetica e nella biologia molecolare, sono disponibili piattaforme di sequenziamento miniaturizzate, accurate ed economiche, che ci permettono di conoscere le sequenze di DNA dei genomi di moltissime specie e, all’interno della stessa specie, di tantissimi ecotipi (se popolazioni naturali) o cultivar/varietà (se popolazioni domesticate). Questo enorme patrimonio di informazioni sulla diversità genetica, a disposizione di tutti gli studiosi nelle banche dati pubbliche, può venire analizzato con le più sofisticate metodologie di bioinformatica per identificare varianti alleliche vantaggiose per accelerare l’adattamento ai cambiamenti climatici delle specie coltivate già selezionate per caratteristiche di pregio per la produzione e la qualità agroalimentare. La profonda conoscenza delle diverse classi di fattori di trascrizione, di questi master regulator della forma e architettura della pianta e della risposta agli stress ambientali, acquisita nei nostri e in altri prestigiosi laboratori internazionali, ci permettono oggi di “guardare” all’interno dei genomi vegetali e riconoscere quelle variazioni che possono avere un significato e un impatto su specifici tratti agronomici della pianta.

Autrice: Giovanna Frugis

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