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Il castagno: storia, conservazione e valorizzazione

29 Settembre 2023

E anche quest’anno un po’ all’improvviso è arrivato l’autunno! E se pensiamo ai frutti autunnali, uno dei primi che ci vengono in mente è sicuramente la castagna, frutto del castagno (nome scientifico Castanea sativa), appartenente alla famiglia botanica delle Fagacee, da non confondersi con l’ippocastano (Aesculus hippocastanum, famiglia Sapindaceae), usato come pianta ornamentale, i cui semi (infatti nel caso dell’ippocastano dal punto di vista botanico il frutto comprende anche il riccio, quindi il suo contenuto è un seme) non commestibili vengono popolarmente chiamati “castagne matte”.

Per qualche anno abbiamo sentito parlare delle castagne prevalentemente associate al problema della presenza del cinipede (nome scientifico Dryocosmus kuriphilus), un insetto fitofago proveniente dall’Oriente che depone le proprie uova su germogli e foglie delle piante colpite, provocando la formazione di strutture tondeggianti dette galle, arrestando la crescita delle piante e provocando una riduzione della fruttificazione. Fortunatamente, attraverso la lotta biologica, ovvero facendo dei veri e propri lanci di Torymus synensis, un insetto antagonista del cinipede, anch’esso proveniente dall’Oriente, il problema è decisamente rientrato e negli ultimi anni il raccolto di castagne è stato abbondante e di buona qualità. Naturalmente però anche il castagno, come numerose altre piante, continua ad essere minacciato dai cambiamenti climatici e dai conseguenti stress abiotici (stress provocati da fattori ambientali estremi, per esempio la siccità, le alte temperature) e biotici (stress causati da esseri viventi, quali insetti, fughi, batteri) ed il suo areale è destinato a ridursi notevolmente a livello globale. Inoltre, in numerose regioni italiane, inclusa la Lombardia, negli ultimi decenni abbiamo assistito all’abbandono di numerosi castagneti ed alla notevole riduzione dello sfruttamento del castagno.

A partire dall’epoca romana, il castagno è stato sfruttato e coltivato per i frutti ed il legname e nel corso del tempo è divenuto essenziale per la sussistenza di molte società delle aree montane e submontane, grazie alle sue potenzialità di specie multifunzionale. In Italia, fino al XX secolo, ha rappresentato una grande risorsa produttiva per le zone di montagna. Tuttavia, negli ultimi decenni, la riduzione demografica dei popolamenti, la frammentazione dell’habitat e il declino dello stato fitosanitario, dovuto principalmente al già citato cinipede, hanno fortemente degradato le aree castanicole italiane. Oggi numerosi castagneti sono in stato di abbandono, ma la presenza del castagno nei territori collinari e montani degli Appennini e Prealpi, le numerose sagre delle castagne, e la presenza diffusa di “Castagni secolari” e “Musei dedicati”, testimoniano che questa specie ha ancora potenzialità da esprimere in campo ambientale, sociale e produttivo, in particolare per i prodotti tipici di qualità. La potenzialità del castagno è legata alla sua multifunzionalità, intesa come somma di funzioni produttive, ecologiche, naturalistiche, paesaggistiche, turistico-ricreative e culturali, che possono contribuire oggi al recupero delle “selve castanili” e dei territori marginali ad esse collegati. Recentemente l’Accademia dei Georgofili ha istituito un gruppo di lavoro per intraprendere le azioni più opportune per far sì che la pianta del castagno venga dichiarata patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO.

A giugno 2021 Regione Lombardia ha finanziato il progetto CASTADIVA (PSR 2014-2021 – FEASR –: Conservazione della biodiversità animale e vegetale) che è nato dalla collaborazione tra Enti di ricerca (il Consiglio Nazionale delle Ricerche con i suoi Istituti IBBA e IRET e l’Università degli Studi di Milano) e consorzi/gruppi di castanicoltori lombardi. Lo scopo finale del progetto è la valorizzazione e il recupero di selve castanili lombarde partendo da due zone pilota, le Prealpi varesine e il comune di Serle, in provincia di Brescia.

Gli obiettivi del progetto sono:

  • mappatura, ovvero mappare ed inventariare le aree castanicole delle due zone pilota e registrando dati ambientali;
  • studio della diversità genetica, misurando quanto sono diverse geneticamente le piante di castagno presenti in queste aree; più in dettaglio, studiando la struttura ed il livello di inbreeding (“grado di parentela”) delle risorse genetiche in situ, castagneti naturali, cedui e da frutto locali e le relazioni genetiche con altre risorse genetiche italiane ed europee; la diversità genetica viene stimata con analisi di biologia molecolare sul DNA di piante e frutti;
  • descrizione della qualità dei frutti in base a caratteri morfologici, quali peso fresco, forma, colore, numero di solchi, aderenza del tegumento (la “pellicina”) alla polpa. Inoltre viene misurata la composizione chimica deli frutti, misurando il contenuto di umidità, carboidrati, proteine, grassi, ceneri e fibre. Lo scopo di tutte queste misure è individuare piante (ed aree dove le piante crescono) che meritino di essere conservate e valorizzate;
  • conservazione, individuando aree castanicole dove sia più “ragionevole” concentrare gli sforzi di mantenimento delle piante in salute e in produzione; questo perché i risultati della analisi hanno indicato che in quelle aree ci sono piante con caratteristiche genetiche, morfologiche e qualitative uniche, o che hanno relazioni genetiche interessanti con le piante vicine;
  • valorizzazione, mediante l’identificazione di pratiche ottimali e criteri gestionali degli alberi e delle selve. Inoltre, abbiamo come obiettivo quello di informare gli operatori e il pubblico circa i nostri risultati.

Il lavoro di CASTADIVA avviene nei boschi delle Prealpi varesine e del bresciano (Comune di Serle) e nei laboratori del CNR (IBBA a Milano e IRET a Porano) e dell’Università di Milano.

Nel corso dei due anni di progetto sono stati effettuati diversi campionamenti e osservazioni in situ. Inizialmente sono state prodotte delle mappe tematiche, che integrano dati orografici, climatologici e genetici. Poi sono stati effettuati due campionamenti in autunno (2021 e 2022) per raccogliere foglie su cui fare le analisi genetiche e frutti su cui fare le analisi genetiche, morfologiche e di composizione, e due uscite in primavera (2022 e 2023) per raccogliere materiale fotografico e dati morfologici relativi alle foglie e alle infiorescenze. Le analisi genetiche su foglie e frutti sono state effettuate attraverso l’uso di marcatori molecolari basati sulla diversa lunghezza di brevi sequenze di DNA, chiamati SSR (Single Sequence Repeats). In questo modo si sono capite le relazioni genetiche tra le diverse piante considerate in sette comuni delle Prealpi varesine e in due località del comune di Serle. Le piante sono state poi suddivise in alcuni sottogruppi per le analisi morfologiche su frutti, foglie ed infiorescenze e per le analisi di composizione dei frutti. La castagna è costituita prevalentemente da amido, rappresentando una buona fonte energetica, ma la dolcezza del frutto è determinata dal suo contenuto di saccarosio. Tra i diversi campioni abbiamo osservato delle differenze sia nel contenuto di saccarosio sia di raffinosaccaridi, zuccheri il cui consumo provoca flatulenza. È ancora in corso l’analisi statistica di tutti i dati ottenuti, ma i primi risultati suggeriscono che oltre alla genetica l’ambiente sembra influire notevolmente sulle caratteristiche dei frutti.

Nel dicembre 2022 Regione Lombardia ha finanziato un nuovo progetto, CASTANEVAL che vede coinvolti gli stessi partner già presenti in CASTADIVA. Nell’ambito di CASTANEVAL stiamo approfondendo le analisi già iniziate in CASTADIVA e stiamo mettendo a punto la micropropagazione (tecnica che permette di ottenere un clone a partire da una singola pianta, ovvero un insieme di individui dotati dello stesso patrimonio genetico) di alcune piante di castagno di interesse.

Per chi desidera approfondire: https://sites.unimi.it/progettocastadiva/

Autori: Eleonora Cominelli, Chiara Forti, Paolo Alberto Leone

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