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Piante e salute, l’esempio del lino

20 Giugno 2023

Le piante, essendo organismi statici, hanno bisogno di proteggersi continuamente ed efficacemente da condizioni avverse come l’attacco da parte di erbivori, patogeni e stress ambientali. Per fare ciò, esse hanno evoluto la capacità di produrre speciali molecole (metaboliti secondari) con funzione di difesa. Tali sostanze si sono inoltre rivelate utili per il trattamento di diverse patologie umane.

Considerando il crescente interesse verso la salute e l’allungamento delle aspettative di vita della popolazione, la domanda di medicine efficaci è in costante aumento. È da sottolineare, infatti, che circa il 75% dei medicinali e il 60% dei chemioterapici usati oggigiorno sono prodotti naturali, loro analoghi o comunque derivanti da piante o da microrganismi.

Il lino è una pianta officinale appartenente alla famiglia delle Linaceae che viene coltivato sin dall’antichità sia per le sue fibre, da cui si ricavano tessuti, carta, cordame, che per i suoi semi, dai quali si ottengono la farina e l’olio, utilizzato sia come integratore alimentare, sia come ingrediente nell’industria del legno e delle vernici nonché nell’industria cosmetica.

Negli ultimi anni l’interesse nei confronti del lino è cresciuto ulteriormente grazie alla produzione di particolari metaboliti secondari chiamati lignani i quali mostrano interessanti attività farmacologiche. Le oltre 230 specie che appartengono al genere lino vengono suddivise in tre classi proprio sulla base del tipo di lignano che producono. Le specie appartenenti al primo gruppo producono lignani del tipo podofillotossina (PTOX), per la quale è stata dimostrata un’efficace attività citotossica e antivirale, tanto che, nonostante la sintesi chimica della PTOX sia possibile, le case farmaceutiche continuano a prediligere la sua estrazione da fonti naturali.

Le specie di lino appartenenti al secondo gruppo producono lignani del tipo justicidina B, una molecola fortemente citotossica identificata per la prima volta nel 1965 nella Justicia hayatai var. decumbens. A questa molecola sono state successivamente attribuite numerose proprietà, come l’attività fungicida, antivirale, antibatterica, antiparassitaria, pescicida, anti-aggregante e antinfiammatoria.

Al terzo gruppo appartengono, infine, quelle specie di lino che producono in maniera specifica lignani del tipo secoisolaricilresinol diglucoside (SDG), considerato un composto nutraceutico di notevole importanza in quanto precursore nella sintesi degli enterolignani, metaboliti prodotti dalla microflora intestinale umana che mostrano attività preventiva verso diversi tipi di tumori e disordini cardiovascolari.

Il fattore maggiormente limitante per l’ottenimento di questi composti dalle piante è tuttavia la bassa quantità in cui vengono prodotti (inferiore all’1% del peso secco). È da tenere presente, inoltre, che alcune delle specie vegetali che li producono sono in via di estinzione, anche a causa dell’eccessivo sfruttamento. La sfida è  trovare strategie più efficaci per ottenere questi metaboliti secondari rispettando le specie vegetali “rare” e cercando di svincolarsi dai cicli vegetativi delle varie specie. Una possibile soluzione, come già accennato nel caso della podofillotossina, è rappresentata dalla sintesi chimica, scelta che spesso si è rivelata economicamente svantaggiosa e in molti casi non permette di mantenere la stereochimica corretta della molecola, fondamentale per la sua attività farmacologica. Un’altra strategia è quella basata sull’ottenimento di composti bioattivi a partire da colture di cellule e tessuti in vitro.

Colture in vitro

Le colture in vitro costituiscono un approccio biotecnologico che si basa sull’ottenimento in ambiente sterile di colture di cellule dedifferenziate o di tessuti vegetali (come, ad esempio, colture di radici avventizie o radici aeree (hairy roots) da una determinata specie vegetale nota per sintetizzare composti di interesse. I principali vantaggi di tale tecnica consistono non solo nella possibilità di ottenere metaboliti senza limitazioni geografiche e svincolandosi dal ciclo vegetativo della specie (che consente di ottenere tanto materiale in poco tempo), ma anche nell’ottenimento di colture prive di contaminazioni batteriche e/o virali. Inoltre, questa strategia permette di  tutelare le specie vegetali in via di estinzione.

Nei laboratori del CNR-IBBA, durante il progetto InFlaMe “Improvement of secondary metabolites production for human health by flax cell in vitro technology”, finanziato dalla fondazione Cariplo, è stata sfruttata questa tecnica per produrre lignani di interesse terapeutico a partire da piante di lino. In particolare, l’approccio biotecnologico scelto ha seguito quattro step fondamentali: i) selezione dei genotipi più produttivi in termini di metaboliti secondari; ii) produzione di colture cellulari e tessuti in vitro (radici avventizie e hairy roots) a partire da questi genotipi; iii) elicitazione: metodo che prevede l’aggiunta di molecole endogene (metilgiasmonato e coronatina) che mimano lo stress e che inducono quindi la pianta/tessuto a produrre in misura maggiore i composti bioattivi; iv) scale-up produttivo su piccolo bioreattore da 1 litro.

I risultati più interessanti sono stati:

  • la selezione di una specie, Linum lewisii, da cui sono state prodotte sia radici avventizie che hairy-roots in grado di crescere per almeno un mese nel bioreattore;
  • una elevata produzione di un lignano di interesse, la justicidina B in bioreattore dopo elicitazione con metilgiasmonato. La resa ottenuta è la più alta ad oggi riportata in letteratura;
  • l’identificazione di 4 lignani nelle colture di Linum lewisii non ancora riportate in letteratura per questa specie.

 

Autori: Monica Mattana, Iride Mascheretti, Roméo Dougué

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